Esistono aziende in difficoltà con un buon conto economico. Le due cose non sono infatti in contraddizione fra di loro. O almeno non lo sono sempre. La voce in grado di rivelare i problemi si chiama “capitale circolante” e si trova nello stato patrimoniale.
Non ha dunque nessun impatto sul conto economico, che può tranquillamente presentare ricavi in crescita, buoni utili e margini interessanti.
Il capitale circolante è determinato dall’ammontare dei pagamenti e degli incassi che effettua un’azienda.
Se i pagamenti hanno tempi più lunghi degli incassi, come per esempio nel commercio al dettaglio dove l’incasso è immediato, la situazione è favorevole.
Se sono invece gli incassi a mostrare dei ritardi le cose possono complicarsi. E questo succede non di rado nel mondo industriale, dove le fatture vengono saldate a tre mesi o anche più in là. In attesa che le commesse vengano pagate, le aziende potrebbero andare incontro a problemi di liquidità.
Che cosa è il DSO (Days sales outstanding)
Nella gestione aziendale esiste un parametro di grandissima importanza, il DSO, che sta per days sales outstanding. Questo valore indica dopo quanti giorni, in media, vengono incassati i pagamenti in una determinata azienda a far data dall’emissione della richiesta di pagamento. Più è alto il DSO, cioè maggiore sono i giorni necessari per vedersi pagare le fattura, più è a rischio la sostenibilità finanziaria. Viceversa, più è basso il numero, maggiore è l’efficienza dell’amministrazione nell’incasso.
Quando si innesca una crisi di liquidità
In casi estremi, e in presenza di altri fattori negativi, un capitale circolante non “ottimizzato” può portare addirittura a una vera e propria crisi di liquidità con conseguente difficoltà nel pagamento dei propri debiti, che l’azione legale di un creditore potrebbe far precipitare verso una procedura concorsuale.
Altri fattori di rischio sono un calo degli ordini, evento che si è per esempio verificato anche in modo molto repentino all’esplodere della pandemia di Covid-19 e un’eccessiva esposizione verso le banche, verso l’Erario o verso i fornitori.
Le difficoltà possono nascere anche da piani di crescita troppo spinti, cioè quelli in cui forti investimenti per espandere il business hanno tempi di ritorno non compatibili con una situazione finanziaria equilibrata. Questa casistica la si ritrova con maggiore frequenza fra le aziende di recente costituzione e quelle create da giovani imprenditori che vogliono arrivare rapidamente al successo. Fortunatamente anche le aziende maggiormente in difficoltà hanno a disposizione numerose misure per cercare di recuperare il controllo delle proprie finanze ed evitare così una situazione di crisi o di insolvenza, che è il vero rischio se non si affrontano con decisione i problemi.
Le mosse per risolvere le difficoltà finanziarie
Si possono per esempio liquidare i beni che non servono per la produzione o che possono essere sostituiti con altri meno costosi.
Si può poi rinegoziare i propri finanziamenti con gli istituti di credito per ridurre gli interessi e allungare le scadenze. Su questo fronte però bisogna fare i conti con le resistenze delle banche, che sono solitamente poco propense alle ristrutturazioni dei debiti.
Una strada molto battuta e pericolosa è quella di ritardare i pagamenti, ma questa condotta deve tenere conto della risposta dei fornitori, che a loro volta possono già essere in difficoltà e dunque poco propensi ad accettare una dilazione dei tempi.
Il rischio concreto per le aziende che lo fanno è quello di incorrere in un’attività stragiudiziale (prima) e giudiziale (poi) da parte del creditore. In un contesto come quello attuale, infatti, sono poche le aziende disposte a tollerare a lungo un ritardo negli incassi.
Ad ogni modo la soluzione migliore resta quella di “fare cassa” o, detto in termini tecnici, aumentare il cash flow. Le aziende devono perciò trovare il modo di incassare quello che è loro dovuto nei tempi pattuiti. Per implementare questa strategia è quasi sempre necessario rivolgersi a uno specialista nel recupero dei crediti.
Oltre ovviamente a rivedere i contratti commerciali nel caso in cui in passato si siano concessi tempi di pagamento troppo generosi.
Nei casi più problematici vale la pena prendere in considerazione la cessione di pacchetti di crediti in sofferenza a operatori specializzati. In questo caso viene recuperata solo una piccola parte dell’intera somma ma si tratta di capitali freschi e soprattutto certi e disponibili da subito. In alcuni casi è infatti più importante il “quando” che il “quanto”.
Il monitoraggio del rischio per prevenire le crisi
Va da sé che queste sono soluzioni di emergenza che si attuano con l’obiettivo di garantire la sopravvivenza dell’azienda ma non rappresentano di certo esempi di Best Practices nella gestione aziendale.
Una corretta gestione del rischio è la vera soluzione di tutti i problemi di liquidità soprattutto per le PMI che hanno magari un conto economico brillante ma le spalle non tanto larghe dal punto di vista finanziario.
Affidarsi a una società come Innolva che monitora i profili di rischio delle controparti e aiuta il management a prendere le decisioni corrette è la strada giusta da percorrere, perché riduce al minimo le probabilità di dover risolvere problemi più grandi.
Se prima di vendere merci o servizi a un cliente è possibile conoscere il suo grado di solvibilità, la probabilità di ritrovarsi in mano una fattura insoluta è estremamente bassa. Soprattutto se lo score sull’affidabilità del cliente o del partner in affari permette di conoscere tempestivamente le variazioni come consente di fare il sistema di Innolva.